Mescoliamo le carte e lasciamo perdere i confini, le etiche divisorie e infamanti: c’è una sola mannaia per noi, il tempo. E’ a lui che dobbiamo rivolgerci, a lui offrire i sensi delle cose che scriviamo e il modo in cui le scriviamo. Mescoliamo le carte e proviamo a divertirci per disperarsi dopo o forse no, piangere è solo un momento ed anche quello appartiene al tempo; a noi resta la scrittura cioè il punto fermo, inchiodato ad un’idea di un momento preciso di noi e del nostro rapporto fuori di noi. Non è poco ma dura sempre troppo poco. Ho bisogno di musica e immagini e li prendo a piene mani, scrivere non mi basta, il flusso di energia che attraversa il mio cervello è troppo grande e impetuoso: a diciottanni avrei detto che è un impulso rock oggi ti dico la stessa cosa. Un attacco di chitarra, la batteria e il basso appresso, i pori della percezione che si dilatano a dismisura, cosa pensavate fosse la rivoluzione alla fine dei ’60? Percezione e corsa questo era, nessuno si pose allora il problema del dopo, non importava a nessuno fermare la corsa e fu giusto così; la musica suona ancora ed è per tutti non ha più un’identità politica che allora era la sua matrice apparente, se è ancora vivo quell’accordo in fa significa che sotto c’era altra vita che se ne fregava del nostro bisogno di misurare e chiudere… Sono stati una Fender, un basso e una batteria a governarci. Tutti. Uscito da una sala concerto un pomeriggio incontrai per caso il ROCK, dietro l’angolo di una sonata di Schuman si era appollaiata la chitarra di Jimmy Page: impossibile spiegare la magia del pifferaio magico, lui da allora non ha mai smesso di stravolgermi, ha cullato i miei sogni vitali in quegli anni, dorme apparentemente sopito in questi lenti e finali. Se scrivo oggi è perchè si è risvegliato, l’ennesimo colpo di coda, la voglia di correre non muore mai. La musica ha rivoltato la mia generazione, nessuna ideologia sociale o politica è riuscita a fare altrettanto nell’immediato: il subito, adesso, qui brucia ancora tutta la nostra esistenza; scrivere non mi basta, il flusso di energia che attraversa il mio cervello è troppo grande e impetuoso: mescoliamo le carte, rivoluzioniamo i social, riprendiamo i vecchi vinili, e per una volta scriviamo un post vero dentro una rete nuova.
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